Rassegna stampa - Dicono di noi
18 Ottobre 2020 - Assemblea di Fidas Milano
Sabato 13 Giugno 2020
La Repubblica, inserto La Repubblica Milano e Lombardia
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Lettera al Direttore del nostro Presidente
28 Gennaio 2020
Il Cittadino di Lodi
23 Gennaio 2020
Avvenire - 28/12/2019
Una intensa lettera di una giovane studentessa della nostra città, che ha partecipato al progetto: "A scuola di dono". Grazie, Avvenire e al suo Direttore per lo spazio e le parole che ci avete dedicato.
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Il Cittadino di Lodi - 17/12/2019
La Gazzetta della Martesana
7 Dicembre 2019
Il nuovo numero di NOIinFIDAS
Il trimestrale di Fidas Nazionale
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Quindici News, 18 Giugno 2019
Peschiera Borromeo, la Fidas si prepara alla sua diciannovesima raccolta straordinaria L’Associazione Donatori di Sangue locale sarà in piazza il 13, 14 e 15 aprile per raccogliere più sangue possibile
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15 gennaio 2019
Progetto nuovi giovani donatori: il futuro appartiene a loro.
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La nuova campagna promozionale con i giovanissimi e i "centenari" di Fidas
18 Ottobre 2018
Il Cittadino
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il Magazine di Fidas Nazionale
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InFolio del 14 settembre 2018
Peschiera Informa
Periodico dell'Amministrazione comunale - Luglio 2018
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Il Cittadino di Lodi
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Peschiera Informa
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Febbraio 2018 - Nuovo Direttivo
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Il Chikungunya spiegato al mio vicino di casa
Settembre 2017
In questi giorni è rimbalzata sui media la notizia sulla diffusione del virus Chikungunya, una malattia di origine virale, il cui nome richiama il principale effetto della malattia. In lingua swahili Chikungunya significa appunto “ciò che curva” o “ciò che contorce”. Il virus, infatti, porta i pazienti ad assumere posizioni innaturali che consentano di limitare i dolori articolari che, insieme a febbre alta, brividi, nausea, vomito e reazioni cutanee caratterizzano questa patologia.
In molti hanno scherzato su un nome impronunciabile (ma nemmeno troppo), ma effettivamente la situazione si presenta alquanto critica. Non perché il Chikungunya sia mortale, in fondo non è poi tanto diverso da un’influenza, magari un po’ più aggressivo, ma è assolutamente curabile, tanto che i sintomi più evidenti, comprese le eventuali manifestazioni cutanee, si risolvono spontaneamente in pochi giorni. Per dovere di cronaca, occorre tuttavia ricordare che il virus in questione può avere conseguenze importanti o addirittura può essere fatale per soggetti debilitati, come anziani se presentano patologie di base.
Ora perché il Chikungunya è tornato ad essere familiare in Italia dopo 10 anni, da quando una diffusione simile aveva infestato la Romagna?
Qualche settimana fa sono stati individuati alcuni casi di persone che hanno contratto il virus. Per lo più membri di una stessa famiglia che hanno villeggiato nel mese di agosto nel comune di Anzio (RM). La località del litorale romano non è certo New York o Città del Messico, per numero di abitanti e flusso di turisti, ma è una cittadina molto frequentata durante l’estate da villeggianti, da romani che hanno la seconda casa, ma anche da quanti vogliono passare qualche giorno nelle isole pontine (Ponza e Ventotene per intenderci) e che per questo si imbarcano proprio dal porto della cittadina laziale.
E il virus Chikungunya, a differenza del suo cugino West Nile, con cui abbiamo una maggiore familiarità, viene trasmesso attraverso zanzare tigre (Aedes Albopictus) che circolano giorno e notte, motivo per cui la sospensione dalla donazione di sangue riguarda tutti coloro che sono transitati per Anzio anche solo per poche ore.
A questo punto la conclusione dell’uomo della porta accanto, il mio vicino di casa appunto, è semplice: basta escludere in via cautelativa dalla donazione di sangue coloro che vivono ad Anzio e coloro che vi siano transitati nell’ultimo mese. Tuttavia, non vale l’equazione “sono stato ad Anzio, quindi ho contratto il Chikungunya”. Comunque questa soluzione è stata adottata dal Centro Nazionale Sangue nella piena consapevolezza dell’effetto di tale scelta, perché, come abbiamo detto prima, si tratta di escludere diverse migliaia di persone.
Allora se un cospicuo numero di donatori non può donare il sangue, è necessario trovare delle misure compensative. Il Lazio, lo sappiamo bene, già vive in una situazione di costante criticità dovuta principalmente all’alta presenza di ospedali che accolgono pazienti provenienti da tutto lo stivale. Per questo da anni ricorre alla compensazione interregionale, ossia tramite apposite convenzioni riceve il sangue da quelle Regioni, se disponibili, che hanno una raccolta maggiore rispetto al proprio fabbisogno. Per cui il problema sembrerebbe risolto.
Ma la questione si complica.
Perché la questione si complica?
Perché a contrarre il virus ad Anzio sono state anche persone che risultano residenti nel Comune di Roma e che nella capitale sono rientrate dopo le ferie estive. Ed anche in questo caso, pur non trattandosi di una megalopoli, si tratta di una città in cui, oltre ai residenti, nel giro dell’ultimo mese sono transitate diverse centinaia di migliaia di persone. Anche solo di passaggio nelle stazioni della capitale che quotidianamente registrano un traffico intensissimo.
Motivo per cui il Sistema sangue, all’interno del quale agiscono il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Nazionale Sangue e i Centri Regionali Sangue e non ultime le Federazioni e Associazioni dei donatori di sangue, si trova ad affrontare una vera e propria emergenza.
Proprio ieri sera (13 settembre), in seguito alla “segnalazione di casi umani confermati da infezione autoctona da virus Chikungunya in soggetti residenti nel Comune di Roma” è arrivata la decisione di limitare l’accesso alla donazione di sangue ai residenti nella ASL Roma 2 e di adottare una serie di provvedimenti volti a garantire la sicurezza trasfusionale, ma al tempo stesso a non portare ad una situazione di irreperibilità degli emocomponenti che vorrebbe dire non solo arrestare gli interventi programmati, ma non garantire quelli d’urgenza, come pure le terapie per i pazienti oncologici o talassemici.
A questo punto la compensazione interregionale diventa indispensabile: le altre Regioni d’Italia sono chiamate a supportare questo deficit fino a quando non si sarà ripristinato in necessario equilibrio.
Ma il mio vicino di casa rimane con un interrogativo: ogni estate da diversi anni si affronta il problema del West Nile Virus che periodicamente con la bella stagione torna a far le ferie nel Belpaese (e non solo). Per arginare il problema è stato introdotto in molte Regioni il test NAT che permette di verificare se il donatore sia stato contagiato o meno dal virus. Non si potrebbe ricorrere quindi ad un test simile per evitare di bloccare la raccolta nella città eterna? Sicuramente i costi di effettuazione di uno screening del genere sarebbero inferiori a quelli necessari a rimborsare il sangue dalle altre Regioni secondo il principio della compensazione di cui sopra.
In realtà non è così semplice in quanto il test per il Chikungunya non è stato ancora reso disponibile, non solo in Italia dove l’ultima epidemia risale al 2007, ma neppure in territori come quelli francesi dove costantemente si verificano casi di infezione (ad esempio l’isola di Reunion o il dipartimento del Var). In Francia, infatti, si applica il criterio di sospensione temporanea di 28 giorni dal rientro per i donatori che abbiano soggiornato nelle aree dove si sono registrati casi autoctoni d’infezione.
Ma l’uomo della porta accanto non è soddisfatto e vuole sapere perché il test non sia stato messo a punto. La risposta è che attualmente esistono test diagnostici per il caso clinico, ma non sono stati ancora approvati e convalidati quelli per l’accertamento di negatività su campioni che consentano l’esclusione della presenza del virus ai fini della qualificazione delle unità da trasfondere.
Allora è possibile un’altra soluzione? D’altronde se lavoriamo sui grandi numeri sappiamo bene che sulle decine, centinaia di migliaia di persone che hanno soggiornato o siano transitate ad Anzio o a Roma solo in pochissime hanno contratto il virus. E tra quei pochissimi quanti sono donatori di sangue? Considerati i sintomi della patologia si può ipotizzare che chi sta bene in salute e non ha manifestato i sintomi del virus possa comunque donare. Tuttavia bisogna ricordare una cosa: i criteri di qualità e sicurezza del sangue in Italia sono i più alti al mondo. Perché se è vero che il virus Chikungunya non è mortale per la stramaggioranza della popolazione, è anche vero che il virus in questione può avere conseguenze importanti o addirittura può essere fatale per chi è già indebolito o ha patologie pregresse. E una persona riceve una trasfusione quando ne ha bisogno, perché la sua situazione di salute è precaria per diversi motivi.
Ecco perché la scelta è stata quella di procedere con la massima cautela, applicando da una parte una quarantena di 5 giorni ai cittadini delle aree di Roma non direttamente coinvolte dal provvedimento e dall’altra una sospensione di 28 giorni per tutti coloro che siano transitati a Roma o ad Anzio da altre Regioni. E non si tratta di poche persone.
A questo punto si può davvero parlare di “emergenza”, un termine che abbiamo sempre cercato di utilizzare con la necessaria cautela, ma che oggi, purtroppo, sembra l’unico che possa definire la situazione attuale del Sistema Sangue.
Ah, dimenticavo: il Chikungunya non c’entra nulla con la malaria.
Cristiano Lena
Responsabile Comunicazione FIDAS Nazionale
In questi giorni è rimbalzata sui media la notizia sulla diffusione del virus Chikungunya, una malattia di origine virale, il cui nome richiama il principale effetto della malattia. In lingua swahili Chikungunya significa appunto “ciò che curva” o “ciò che contorce”. Il virus, infatti, porta i pazienti ad assumere posizioni innaturali che consentano di limitare i dolori articolari che, insieme a febbre alta, brividi, nausea, vomito e reazioni cutanee caratterizzano questa patologia.
In molti hanno scherzato su un nome impronunciabile (ma nemmeno troppo), ma effettivamente la situazione si presenta alquanto critica. Non perché il Chikungunya sia mortale, in fondo non è poi tanto diverso da un’influenza, magari un po’ più aggressivo, ma è assolutamente curabile, tanto che i sintomi più evidenti, comprese le eventuali manifestazioni cutanee, si risolvono spontaneamente in pochi giorni. Per dovere di cronaca, occorre tuttavia ricordare che il virus in questione può avere conseguenze importanti o addirittura può essere fatale per soggetti debilitati, come anziani se presentano patologie di base.
Ora perché il Chikungunya è tornato ad essere familiare in Italia dopo 10 anni, da quando una diffusione simile aveva infestato la Romagna?
Qualche settimana fa sono stati individuati alcuni casi di persone che hanno contratto il virus. Per lo più membri di una stessa famiglia che hanno villeggiato nel mese di agosto nel comune di Anzio (RM). La località del litorale romano non è certo New York o Città del Messico, per numero di abitanti e flusso di turisti, ma è una cittadina molto frequentata durante l’estate da villeggianti, da romani che hanno la seconda casa, ma anche da quanti vogliono passare qualche giorno nelle isole pontine (Ponza e Ventotene per intenderci) e che per questo si imbarcano proprio dal porto della cittadina laziale.
E il virus Chikungunya, a differenza del suo cugino West Nile, con cui abbiamo una maggiore familiarità, viene trasmesso attraverso zanzare tigre (Aedes Albopictus) che circolano giorno e notte, motivo per cui la sospensione dalla donazione di sangue riguarda tutti coloro che sono transitati per Anzio anche solo per poche ore.
A questo punto la conclusione dell’uomo della porta accanto, il mio vicino di casa appunto, è semplice: basta escludere in via cautelativa dalla donazione di sangue coloro che vivono ad Anzio e coloro che vi siano transitati nell’ultimo mese. Tuttavia, non vale l’equazione “sono stato ad Anzio, quindi ho contratto il Chikungunya”. Comunque questa soluzione è stata adottata dal Centro Nazionale Sangue nella piena consapevolezza dell’effetto di tale scelta, perché, come abbiamo detto prima, si tratta di escludere diverse migliaia di persone.
Allora se un cospicuo numero di donatori non può donare il sangue, è necessario trovare delle misure compensative. Il Lazio, lo sappiamo bene, già vive in una situazione di costante criticità dovuta principalmente all’alta presenza di ospedali che accolgono pazienti provenienti da tutto lo stivale. Per questo da anni ricorre alla compensazione interregionale, ossia tramite apposite convenzioni riceve il sangue da quelle Regioni, se disponibili, che hanno una raccolta maggiore rispetto al proprio fabbisogno. Per cui il problema sembrerebbe risolto.
Ma la questione si complica.
Perché la questione si complica?
Perché a contrarre il virus ad Anzio sono state anche persone che risultano residenti nel Comune di Roma e che nella capitale sono rientrate dopo le ferie estive. Ed anche in questo caso, pur non trattandosi di una megalopoli, si tratta di una città in cui, oltre ai residenti, nel giro dell’ultimo mese sono transitate diverse centinaia di migliaia di persone. Anche solo di passaggio nelle stazioni della capitale che quotidianamente registrano un traffico intensissimo.
Motivo per cui il Sistema sangue, all’interno del quale agiscono il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, il Centro Nazionale Sangue e i Centri Regionali Sangue e non ultime le Federazioni e Associazioni dei donatori di sangue, si trova ad affrontare una vera e propria emergenza.
Proprio ieri sera (13 settembre), in seguito alla “segnalazione di casi umani confermati da infezione autoctona da virus Chikungunya in soggetti residenti nel Comune di Roma” è arrivata la decisione di limitare l’accesso alla donazione di sangue ai residenti nella ASL Roma 2 e di adottare una serie di provvedimenti volti a garantire la sicurezza trasfusionale, ma al tempo stesso a non portare ad una situazione di irreperibilità degli emocomponenti che vorrebbe dire non solo arrestare gli interventi programmati, ma non garantire quelli d’urgenza, come pure le terapie per i pazienti oncologici o talassemici.
A questo punto la compensazione interregionale diventa indispensabile: le altre Regioni d’Italia sono chiamate a supportare questo deficit fino a quando non si sarà ripristinato in necessario equilibrio.
Ma il mio vicino di casa rimane con un interrogativo: ogni estate da diversi anni si affronta il problema del West Nile Virus che periodicamente con la bella stagione torna a far le ferie nel Belpaese (e non solo). Per arginare il problema è stato introdotto in molte Regioni il test NAT che permette di verificare se il donatore sia stato contagiato o meno dal virus. Non si potrebbe ricorrere quindi ad un test simile per evitare di bloccare la raccolta nella città eterna? Sicuramente i costi di effettuazione di uno screening del genere sarebbero inferiori a quelli necessari a rimborsare il sangue dalle altre Regioni secondo il principio della compensazione di cui sopra.
In realtà non è così semplice in quanto il test per il Chikungunya non è stato ancora reso disponibile, non solo in Italia dove l’ultima epidemia risale al 2007, ma neppure in territori come quelli francesi dove costantemente si verificano casi di infezione (ad esempio l’isola di Reunion o il dipartimento del Var). In Francia, infatti, si applica il criterio di sospensione temporanea di 28 giorni dal rientro per i donatori che abbiano soggiornato nelle aree dove si sono registrati casi autoctoni d’infezione.
Ma l’uomo della porta accanto non è soddisfatto e vuole sapere perché il test non sia stato messo a punto. La risposta è che attualmente esistono test diagnostici per il caso clinico, ma non sono stati ancora approvati e convalidati quelli per l’accertamento di negatività su campioni che consentano l’esclusione della presenza del virus ai fini della qualificazione delle unità da trasfondere.
Allora è possibile un’altra soluzione? D’altronde se lavoriamo sui grandi numeri sappiamo bene che sulle decine, centinaia di migliaia di persone che hanno soggiornato o siano transitate ad Anzio o a Roma solo in pochissime hanno contratto il virus. E tra quei pochissimi quanti sono donatori di sangue? Considerati i sintomi della patologia si può ipotizzare che chi sta bene in salute e non ha manifestato i sintomi del virus possa comunque donare. Tuttavia bisogna ricordare una cosa: i criteri di qualità e sicurezza del sangue in Italia sono i più alti al mondo. Perché se è vero che il virus Chikungunya non è mortale per la stramaggioranza della popolazione, è anche vero che il virus in questione può avere conseguenze importanti o addirittura può essere fatale per chi è già indebolito o ha patologie pregresse. E una persona riceve una trasfusione quando ne ha bisogno, perché la sua situazione di salute è precaria per diversi motivi.
Ecco perché la scelta è stata quella di procedere con la massima cautela, applicando da una parte una quarantena di 5 giorni ai cittadini delle aree di Roma non direttamente coinvolte dal provvedimento e dall’altra una sospensione di 28 giorni per tutti coloro che siano transitati a Roma o ad Anzio da altre Regioni. E non si tratta di poche persone.
A questo punto si può davvero parlare di “emergenza”, un termine che abbiamo sempre cercato di utilizzare con la necessaria cautela, ma che oggi, purtroppo, sembra l’unico che possa definire la situazione attuale del Sistema Sangue.
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Cristiano Lena
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